Nell’evoluzione del dolore da acuto a cronico, specie quello post-operatorio, le reazioni infiammatorie e i fattori di rischio giocano un ruolo chiave
Tutti i tipi di dolore cronico iniziano prima come dolore acuto; non vi è un netto confine tra dolore acuto e cronico, per cui queste 2 forme di dolore vanno considerate come un “continuum”. I meccanismi coinvolti nell’evoluzione da dolore acuto a dolore cronico – e quindi dalla sua temporaneità alla sua persistenza – sono articolati e molto complessi e ancora non del tutto chiari.
Le migliori conoscenze sui meccanismi che portano il dolore a diventare cronico riguardano il dolore cronico post-chirurgico: questo perché nel caso della chirurgia è noto il momento, la sede anatomica e la natura del “danno” – ossia il trauma chirurgico – che dà origine al dolore.
Il trauma chirurgico (ferita) attiva direttamente alcune strutture nervose presenti nella pelle (chiamate nocicettori), che in seguito al “danno” inviano segnali attraverso i nervi periferici al midollo spinale e da qui al cervello, il quale “traduce e converte” questi segnali in una sensazione “dolorosa”. Questo descritto è il “fisiologico” e classico circuito alla base della genesi del dolore “acuto” (cioè temporaneo) che si prova dopo un avvenuto danno, in questo caso la ferita da chirurgia; in realtà il circuito non è così semplice, ma coinvolge vari “attori” – varie zone del cervello e sostanze chimiche che trasportano il segnale (neurotrasmettitori) – e diversi processi che partecipano alla regolazione dei segnali provenienti dai nervi periferici e alla percezione del dolore.
A livello della zona del corpo in cui è stata inferta la ferita chirurgica si genera una reazione infiammatoria – in risposta al danno tissutale provocata dall’operazione – che contribuisce anch’essa ad attivare un dolore localizzato. Si sa oggi che questa risposta infiammatoria localizzata agisce come un fattore determinante nel mantenimento del circuito nervoso alla base della percezione del dolore. Questa risposta infiammatoria origina dal rilascio di varie sostanze pro-infiammatorie (cioè che favoriscono l’insorgenza dell’infiammazione) – come l’idrogeno e il potassio, la bradichinina, le prostaglandine, le citochine – le quali hanno la proprietà di abbassare la soglia di attivazione dei nocicettori sulla pelle e di generare un dolore spontaneo anche in assenza di un “danno” in atto; cioè, in pratica queste sostanze pro-infiammatorie riescono a “ipersensibilizzare” i nocicettori e, a questo punto, basta uno stimolo algico (cioè che crea dolore) non particolarmente intenso e di breve durata per attivare i nocicettori ipersensibilizzati e scatenare alterazioni profonde e durature a carico di parti del cervello e del midollo spinale deputate alla trasmissione e alla regolazione del dolore; alterazioni tali da far percepire continuamente la sensazione dolorosa anche quando lo stimolo algico non c’è più.
In realtà, i meccanismi che fanno evolvere il dolore da acuto a cronico sono molto più complessi e sebbene le alterazioni biochimiche e nervose che avvengono a livello del midollo spinale e del cervello dopo una chirurgia siano comuni a tutti i pazienti, non in tutti i casi il dolore post-chirurgico da acuto si trasforma in cronico e i motivi sono al momento sconosciuti; tuttavia si è scoperto che vi sono alcuni fattori di rischio che sembrano favorire la comparsa di un dolore cronico. Questi fattori di rischio sono:
la chirurgia che implica o rischia di coinvolgere un trauma nervoso diretto, come l’amputazione di un arto o l’apertura del torace a scopo esplorativo (toracotomia);
- la presenza di un dolore preesistente sia nel punto in cui si esegue l’intervento chirurgico o in un’altra parte del corpo;
- un dolore acuto post-operatorio particolarmente severo;
- una terapia con vari farmaci, tra cui gli oppiacei ad alte dosi;
- fattori psicologici, come depressione, ansia e stress post-traumatico.
Tutti questi fattori implicano un’ipersensibilizzazione nervosa a livello periferico (nocicettori) o a livello cerebrale. Inoltre la consapevolezza del ruolo di questi fattori come elementi in grado di aumentare il rischio di dolore cronico consente la possibilità di “classificare” le persone in base al rischio prima di procedere con l’intervento chirurgico, per esempio, consentendo di effettuare una valutazione clinica preliminare e di pianificare una gestione analgesica appropriata e indicata al caso specifico.
Fonti
- Fornasari D. Clin Drug Invest 20121; 32 (Suppl. 1): 45-52.
- Neil MJE. Anaesthesia 2015; 70: 765-783.

